Il desiderio di piacere, di essere accolti, di “far parte” si aggira nei meandri
nemmeno troppo nascosti della nostra personalità: ecco perché siamo spesso
preda del conformismo. Riuscire a domare questo impulso non è semplice, ma
con un po’ di esercizio si raggiunge la meta.
Per ricongiungerci con quella parte di noi stessi che invece è il fulcro, il nucleo
creativo attraverso cui sentirci “unici” senza più la paura del giudizio altrui il
nostro compito è affrontare quel demone interiore che ci fa sentire deboli,
facilmente manipolabili, circondati da nemici.
In questo cammino la consapevolezza di essere degni della stima,
dell’apprezzamento altrui passa attraverso la presa di coscienza che solo chi ha
stima di se stesso, apprezza il proprio lavoro e il proprio modo di essere, può
esserne degno.
Il problema è che siamo tempestati da immagini esterne il cui scopo è darci
l’illusione di poter essere felici con l’acquisto di una nuova auto, una vacanza ai
Caraibi, una multiproprietà in modo da incontrare altri fruitori di tali succedanei
alla vera realizzazione di quel sogno con cui siamo venuti sulla terra.
Più ascoltiamo il canto delle sirene e più creiamo l’allontanamento tra le due
istanze: l’io reale e l’io ideale, senza accorgerci, piano piano e convinti che l’erba
del vicino sia sempre più verde.
Mille volte le persone che incontriamo ci sembrano realizzate, soddisfatte della
loro vita e probabilmente anche noi diamo questa impressione mostrando la
maschera che abbiamo costruito durante tutta la nostra esistenza.
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La ricerca della propria vera essenza dà modo di non entrare in competizione con chi ci circonda; ci libera dai condizionamenti e soprattutto ci chiarisce che ciò che vediamo di negativo nell’interlocutore altro non è se non una parte di noi stessi che chiede il diritto di cittadinanza, anche se non la giudichiamo la nostra parte migliore. Incontriamo chi, nel bene e nel male, ha un messaggio per farci conoscere meglio ponendosi come specchio.
Nel momento in cui prendiamo le distanze dalla tempesta di in-put che ci spiega cosa non siamo, in cui incominciamo a non giudicarci, ci sarà meno terreno fertile su cui il negativo potrà proliferare; così anche il giudizio verso gli altri si acquieterà e di conseguenza chi ci circonda proverà meno bisogno di rivolgerci attenzioni critiche.
A volte è proprio la debolezza a essere la nostra forza e viceversa: nel conoscersi profondamente la forza della debolezza e la debolezza della forza possono diventare un’unica direttiva con limiti ben definiti. Ampliare i lati migliori del nostro essere e lasciare che le nostre manchevolezze non ci spingano alla competizione con gli altri – diversi da noi ma non per questo migliori o peggiori – è ciò che predispone ognuno di noi a una vita serena ed equilibrata.
Il “Conosci te stesso” se da una parte suggerisce di non varcare i limiti umani, evitando la tracotanza di cercare di essere simile agli dei, dall’altra suggerisce che risiede nell’interiorità la chiave di realizzazione: il buddismo, l’orfismo, lo stoicismo e anche Sant’Agostino (“È nel profondo che risiede la verità”) hanno un’unica via per la realizzazione dell’individuo; che si chiami illuminazione, estasi o ricongiungimento con la propria essenza divina poco importa perché sono un’unica realtà, quella a cui dobbiamo tendere per concludere il nostro attuale viaggio sulla terra.
Chicca Morone
(Articolo pubblicato su: http://www.laportadivetro.org/ingranaggi-della-mente-per-prendere-coscienza/?fbclid=IwAR0j96RNBo40ShMVMTXnWhYOYWZli1ShbXRtVIRLtq9VDNevmHDNZxDUz5g)